da Il Gazzettino del 2 Marzo 2011 – articolo di Alberto Zuccato
Nel rugby c’è un’Italia che – ogni tanto – vince. È quella femminile che domenica a La Spezia ha battuto il Galles per 12-8. La prima meta delle azzurre l’ha segnata dopo dieci minuti Diletta “Didi” Veronese, ventottenne giocatrice del Valsugana, che veste la maglia della nazionale da tre anni. «È stata una bella azione delle avanti – racconta Diletta – dentro l’area dei 22 metri del Galles. La palla è uscita al largo, è arrivata nelle mie mani, ho eluso un placcaggio e ho segnato. Una grande soddisfazione».
Anche la meta più importante della carriera?
«No. Più importante è stata quella che ho realizzato nel Sei Nazioni dell’anno scorso proprio in Galles; è stata la meta decisiva, quella che ci ha permesso di imporci per 19-15. Vincere in trasferta è sempre difficilissimo. Quella di La Spezia, proprio perché giunta nei primi minuti, ci ha permesso di trovare più fiducia e ha messo pressione alle gallesi. Dovevamo imporci anche per ribadire la nostra superiorità e non perdere posizioni nel ranking internazionale».
In che ruolo gioca?
«In nazionale vengo impiegata all’ala, mentre nel Valsugana gioco come centro. Vanno bene entrambi».
Come mai si è avvicinata a questo sport, che non è molto praticato dalle donne?
«Il mio ragazzo è un rugbista e ho iniziato ad andare a vedere le sue partite. Poi ho conosciuto Roberta Giraudo, mia attuale allenatrice, che mi ha convinta a provare e otto anni fa ho cominciato a giocare. Sono stata per sei stagioni al Riviera del Brenta e da due sono al Valsugana».
Dove non state vincendo molto.
«Per ora no, ma presto il Valsugana diventerà una squadra di vertice, perché ci sono tante giovani già in prima squadra e perché c’è un bel settore giovanile. Roberta Giraudo ci sa fare, è coinvolgente. È stata lei a fare rinascere il rugby femminile a Padova. In ogni caso, anche quest’anno, pur non vincendo molto, stiamo facendo bene».
Nel rugby maschile girano un po’ di soldi. In quello femminile?
«Prendiamo un rimborso poco più che simbolico quando andiamo in nazionale. Stop. Ma è bello anche così. Per me è un onore e una piacevole responsabilità vestire la maglia azzurra dell’Italia. Certo, non mi dispiacerebbe guadagnare qualcosa».
Per vivere cosa fa?
«Sono laureata in Scenografia a Venezia, ma con tutti i tagli che ci sono stati nel mondo dello spettacolo, è molto difficile trovare qualcosa. Per cui lavoro in un negozio di articoli sportivi».